Mathias
lunedì 31 maggio 2010
La perdizione
Il delirio è... nella sospensione.. in chi comprende che in pochi istanti di volo ci sta la perdizione..
venerdì 28 maggio 2010
30 anni volati via..
Eccomi varcar la soglia di un'età importante. Già qualche paranoia inizio a farmela. I bilanci di questi primi decenni frullano per la mente. La prima giovinezza sfiorisce nell'anagrafe, ma caparbio cerco di tenerla nel mio stile di vita, nel modo di pensare. Il vero invecchiamento è interiore..è li dentro che non si deve mai cedere. Sarà retorica..ma applicata al caso concreto. Io non so per quanto tempo mi sarà concesso star su di questa terra, ma voglio involarmi verso gli anni argentati con spirito imberbe e sempre fanciullino..
lunedì 24 maggio 2010
Senza tempo
Lo scrissi un paio di anni fa. Doveva esser pubblicato forse su Correre. I tempi editoriali non si confanno alla mia voglia di comunicare. Il mio blog è il pulpito più alto dal qual fare giungere i miei scritti
SENZA TEMPO
Il cielo livido in una di quelle giornate dove non si sa bene se abbia smesso di piovere o stia per ricominciare. Tutt’uno con il mare scuro. Un venticello leggero ad increspare i ciuffi d’erba grondanti della scarpata che scende alla riva. Contorno di una strada che uscendo dal paese si allontana sinuosa verso il faro. Clima d’attesa e sospensione temporale, come in un quadro. L’interruzione che turba la quiete. Viene dalle ultime case un ragazzo. Corre. Dalla sua prospettiva tutto passa veloce. Il suo sguardo alle onde che si infrangono sulla scogliera sottostante è ora richiamato all’attenzione dalla buca sull’asfalto che deve evitare. Le sue narici si riempiono di salmastro, mentre la sua pelle gronda sudore, mischiando sale al sale. Pienezza dei sensi. Eppure il ragazzo non è lì. Lo è il suo corpo forse, ma la sua mente è tutta protesa verso un orologio che tiene al polso. Lo guarda..insistentemente. Ansima, il suo cuore batte veloce. Tum tum, tum tum. Ultima ripetuta da 1000 metri, una lotta contro le lancette. Le gambe devono arrivare prima. Si contorce, quasi si scompone, infine termina sul traguardo di una linea immaginaria la sua folle rincorsa. Si ferma, cammina e poi si china, mentre un gabbiano sullo sfondo si culla nella brezza. Il ragazzo non è contento, il viso è corrucciato. Rabbia. Scalcia un sasso, facendolo rimbalzare lontano. Ha perso la sua sfida. Gli allenamenti vanno male, la forma perduta e la gara è vicina. Nel vortice dei suoi pensieri queste sono quasi schegge impazzite, che feriscono il contesto in cui è immerso.
Da lontano, sulla strada di ritorno dal faro, un puntino si muove veloce in direzione del paese. Viene correndo anch’egli. E’ un signore anziano. La sua corsa è leggera e aggraziata. Le falcate fendono l’aria e lo elevano come il gabbiano, nel vento. Il cuore suo batte ritmico e sicuro. Al polso null’altro che un braccialetto catarifrangente, frutto di chissà quale gara. Competizioni andate e conservate nella memoria. Ricordi di una vita in corsa, passata in giro per il mondo a scoprire città e inseguire traguardi. Mete intermedie di un viaggio senza fine, quello dentro la passione per uno sport che l’ha rapito bambino e l’ha conservato integro nel tempo. Non c’è rimpianto nei suoi pensieri. E’ naturale da parte sua ritornare a quei momenti, ma tutto è immerso in un contesto di dolcezza. E’ il benessere psico-fisico fatto a persona. Il suo volto non mostra gli anni che ha. Le rughe solcano il viso, ma non lo feriscono.
Dalla sua visuale nota il ragazzo fermo vicino ad un palo, che scalcia furioso. Oramai lo ha raggiunto. L’istinto lo fa fermare. Un saluto. Il ruggito della risacca copre le loro parole. Per fortuna poi un refolo le solleva e le restituisce alla natura, intrecciate tra loro come una ghirlanda di fiori. Parole cariche di significato, da narrare.
Una pacca sulla spalla e la maturità racconta alla giovinezza che non c’è ansia cronometrica che possa rovinare la magia della corsa. Gli anni lo hanno confermato. Lo spirito agonistico brucia dentro, è normale. Ma è un fuoco che va controllato con attenzione. C’è bisogno di contenerlo, altrimenti divampa e anestetizza i sensi. E’ in grado di distorcere qualunque percezione. Senza freno, sa svuotare di significato ogni corsa che non sia in linea con il risultato voluto.
La giovinezza ribatte che è facile parlare così, ora che, immedesimandosi nella maturità, ci si deve accontentare, ora che in fondo i limiti non possono più essere superati.
Il vecchio carico di comprensione sorride gentile e corregge il ragazzo ricordandogli che un limite si raggiunge, non si supera. Ed è una sfida affascinante raggiungerlo. Anch’egli si è buttato in questa battaglia in passato. Ma ha capito che se quello diventa l’unico scopo, una volta giunti a scoprirlo, il rischio di abbandonare le scarpe da corsa è grande. Sono i tanti amici che ha incontrato lungo il suo cammino che glielo hanno testimoniato. Racconta alla giovinezza di imprese eccezionali di atleti senza sorriso. Arrivano al traguardo siglando record strepitosi, indubbi primati personali, tempi di valore assoluto. Ciononostante non sono mai contenti di quanto fatto.
Forse perché non si voltano mai indietro a cogliere i loro progressi. Scoprirebbero una fonte di gioia inesauribile nel vedere i loro corpi mutati dalla pratica costante e rinvigorente, che dona grazia e forza alle loro sembianze, rendendo possibili svaghi che ai sedentari sono inaccessibili. Star sulle gambe per km e km è un dono che i runners hanno fatto a se stessi e di cui possono beneficiare quante volte vogliono, a prescindere da un orologio che scandisca loro i ritmi. Non tutti se ne rendono conto! Fortunati quelli che capiscono che vivere le corse senza tempo aiuta a rinforzare pure lo spirito agonistico. Lo tiene intatto, anche nell’oro degli anni. Il runner esperto solleva lo sguardo e con gli occhi quasi trafigge il ragazzo, per infrangere l’ultima barriera della sua tenue incredulità. Parole come sassi. La competizione non si spegne, semplicemente si spostano gli obiettivi. Si cerca di trarre il massimo di quanto il corpo sa esprimere nel momento in cui vive. Qui ed ora. Il limite da perseguire non è fisso, ma muta, questo insegna l’esperienza. Essere lì con i giovani o ad un passo da loro è linfa pura con il quale nutrire l’agonista che non cede allo scorrere del tempo. Guerrieri dai capelli bianchi, quanti ce ne sono in giro!! Bisogna imparare da loro e capire come si rigenerano. Perché serve rigenerarsi. Una mano sollevata a mostrare il paesaggio attorno. Il ragazzo oramai è catturato dalle parole e dai gesti dell’anziano corridore senza nome. E’ la natura che ci ha partorito nella quale dobbiamo fonderci durante le nostre corse. Agonismo e corsa contemplativa possono andare a braccetto se giustamente miscelate. Apri i sensi alla bellezza del posto in cui corri o alle percezioni che ti rimanda il tuo corpo. Amplia i sensi e cattura con essi emozioni ad ogni passo. Vivi ogni corsa come fosse l’ultima che ti puoi donare. Parole come carezze. Silenzio. Poi il rumore di un motore. E’ una macchina scalcinata che sfila veloce lungo la costiera. Rallenta. E’ carica di turisti e macchine fotografiche e si accosta poco più avanti in una piazzola, per immortalare la struggente bellezza del mare d’inverno. Il ragazzo si distrae un attimo e perde di vista il suo interlocutore. Ritorna con gli occhi a cercarlo. Non c’è più. E’ disorientato, si guarda attorno e non vede nessuno. E’ spaventato ed inebriato allo stesso tempo. Follie di una corsa veloce o scherzi dell’acido lattico? Se sogno o realtà sta di fatto che le parole udite gli riecheggiano ancora nella testa. Il suo cuore batte forte, quando un tuono lontano scuote il cielo. Forse ricomincia a piovere. Prima di rimettersi a correre il suo sguardo si posa su quel gabbiano, prima sospeso. Ora sta scivolando via, sulle ali del vento..il ragazzo con lui.
SENZA TEMPO
Il cielo livido in una di quelle giornate dove non si sa bene se abbia smesso di piovere o stia per ricominciare. Tutt’uno con il mare scuro. Un venticello leggero ad increspare i ciuffi d’erba grondanti della scarpata che scende alla riva. Contorno di una strada che uscendo dal paese si allontana sinuosa verso il faro. Clima d’attesa e sospensione temporale, come in un quadro. L’interruzione che turba la quiete. Viene dalle ultime case un ragazzo. Corre. Dalla sua prospettiva tutto passa veloce. Il suo sguardo alle onde che si infrangono sulla scogliera sottostante è ora richiamato all’attenzione dalla buca sull’asfalto che deve evitare. Le sue narici si riempiono di salmastro, mentre la sua pelle gronda sudore, mischiando sale al sale. Pienezza dei sensi. Eppure il ragazzo non è lì. Lo è il suo corpo forse, ma la sua mente è tutta protesa verso un orologio che tiene al polso. Lo guarda..insistentemente. Ansima, il suo cuore batte veloce. Tum tum, tum tum. Ultima ripetuta da 1000 metri, una lotta contro le lancette. Le gambe devono arrivare prima. Si contorce, quasi si scompone, infine termina sul traguardo di una linea immaginaria la sua folle rincorsa. Si ferma, cammina e poi si china, mentre un gabbiano sullo sfondo si culla nella brezza. Il ragazzo non è contento, il viso è corrucciato. Rabbia. Scalcia un sasso, facendolo rimbalzare lontano. Ha perso la sua sfida. Gli allenamenti vanno male, la forma perduta e la gara è vicina. Nel vortice dei suoi pensieri queste sono quasi schegge impazzite, che feriscono il contesto in cui è immerso.
Da lontano, sulla strada di ritorno dal faro, un puntino si muove veloce in direzione del paese. Viene correndo anch’egli. E’ un signore anziano. La sua corsa è leggera e aggraziata. Le falcate fendono l’aria e lo elevano come il gabbiano, nel vento. Il cuore suo batte ritmico e sicuro. Al polso null’altro che un braccialetto catarifrangente, frutto di chissà quale gara. Competizioni andate e conservate nella memoria. Ricordi di una vita in corsa, passata in giro per il mondo a scoprire città e inseguire traguardi. Mete intermedie di un viaggio senza fine, quello dentro la passione per uno sport che l’ha rapito bambino e l’ha conservato integro nel tempo. Non c’è rimpianto nei suoi pensieri. E’ naturale da parte sua ritornare a quei momenti, ma tutto è immerso in un contesto di dolcezza. E’ il benessere psico-fisico fatto a persona. Il suo volto non mostra gli anni che ha. Le rughe solcano il viso, ma non lo feriscono.
Dalla sua visuale nota il ragazzo fermo vicino ad un palo, che scalcia furioso. Oramai lo ha raggiunto. L’istinto lo fa fermare. Un saluto. Il ruggito della risacca copre le loro parole. Per fortuna poi un refolo le solleva e le restituisce alla natura, intrecciate tra loro come una ghirlanda di fiori. Parole cariche di significato, da narrare.
Una pacca sulla spalla e la maturità racconta alla giovinezza che non c’è ansia cronometrica che possa rovinare la magia della corsa. Gli anni lo hanno confermato. Lo spirito agonistico brucia dentro, è normale. Ma è un fuoco che va controllato con attenzione. C’è bisogno di contenerlo, altrimenti divampa e anestetizza i sensi. E’ in grado di distorcere qualunque percezione. Senza freno, sa svuotare di significato ogni corsa che non sia in linea con il risultato voluto.
La giovinezza ribatte che è facile parlare così, ora che, immedesimandosi nella maturità, ci si deve accontentare, ora che in fondo i limiti non possono più essere superati.
Il vecchio carico di comprensione sorride gentile e corregge il ragazzo ricordandogli che un limite si raggiunge, non si supera. Ed è una sfida affascinante raggiungerlo. Anch’egli si è buttato in questa battaglia in passato. Ma ha capito che se quello diventa l’unico scopo, una volta giunti a scoprirlo, il rischio di abbandonare le scarpe da corsa è grande. Sono i tanti amici che ha incontrato lungo il suo cammino che glielo hanno testimoniato. Racconta alla giovinezza di imprese eccezionali di atleti senza sorriso. Arrivano al traguardo siglando record strepitosi, indubbi primati personali, tempi di valore assoluto. Ciononostante non sono mai contenti di quanto fatto.
Forse perché non si voltano mai indietro a cogliere i loro progressi. Scoprirebbero una fonte di gioia inesauribile nel vedere i loro corpi mutati dalla pratica costante e rinvigorente, che dona grazia e forza alle loro sembianze, rendendo possibili svaghi che ai sedentari sono inaccessibili. Star sulle gambe per km e km è un dono che i runners hanno fatto a se stessi e di cui possono beneficiare quante volte vogliono, a prescindere da un orologio che scandisca loro i ritmi. Non tutti se ne rendono conto! Fortunati quelli che capiscono che vivere le corse senza tempo aiuta a rinforzare pure lo spirito agonistico. Lo tiene intatto, anche nell’oro degli anni. Il runner esperto solleva lo sguardo e con gli occhi quasi trafigge il ragazzo, per infrangere l’ultima barriera della sua tenue incredulità. Parole come sassi. La competizione non si spegne, semplicemente si spostano gli obiettivi. Si cerca di trarre il massimo di quanto il corpo sa esprimere nel momento in cui vive. Qui ed ora. Il limite da perseguire non è fisso, ma muta, questo insegna l’esperienza. Essere lì con i giovani o ad un passo da loro è linfa pura con il quale nutrire l’agonista che non cede allo scorrere del tempo. Guerrieri dai capelli bianchi, quanti ce ne sono in giro!! Bisogna imparare da loro e capire come si rigenerano. Perché serve rigenerarsi. Una mano sollevata a mostrare il paesaggio attorno. Il ragazzo oramai è catturato dalle parole e dai gesti dell’anziano corridore senza nome. E’ la natura che ci ha partorito nella quale dobbiamo fonderci durante le nostre corse. Agonismo e corsa contemplativa possono andare a braccetto se giustamente miscelate. Apri i sensi alla bellezza del posto in cui corri o alle percezioni che ti rimanda il tuo corpo. Amplia i sensi e cattura con essi emozioni ad ogni passo. Vivi ogni corsa come fosse l’ultima che ti puoi donare. Parole come carezze. Silenzio. Poi il rumore di un motore. E’ una macchina scalcinata che sfila veloce lungo la costiera. Rallenta. E’ carica di turisti e macchine fotografiche e si accosta poco più avanti in una piazzola, per immortalare la struggente bellezza del mare d’inverno. Il ragazzo si distrae un attimo e perde di vista il suo interlocutore. Ritorna con gli occhi a cercarlo. Non c’è più. E’ disorientato, si guarda attorno e non vede nessuno. E’ spaventato ed inebriato allo stesso tempo. Follie di una corsa veloce o scherzi dell’acido lattico? Se sogno o realtà sta di fatto che le parole udite gli riecheggiano ancora nella testa. Il suo cuore batte forte, quando un tuono lontano scuote il cielo. Forse ricomincia a piovere. Prima di rimettersi a correre il suo sguardo si posa su quel gabbiano, prima sospeso. Ora sta scivolando via, sulle ali del vento..il ragazzo con lui.
venerdì 14 maggio 2010
Adidas Supernova Glide 2: una scarpa avanti. Recensatio
Ho perso un pochetto lo smalto postaiolo, ma il gusto di correre no.
Voglio svecchiare il blog, togliendo l'attenzione da quell'ultimo brutto messaggio. Che diamine..la Vita deve proseguire!
Vi volevo parlare di scarpe.
Avevo avuto l'opportunità di provare in occasione della Stramilano una nuova "creatura". Passar ad un nuovo tipo di scarpe, per me Nimbus dipendente(5 paia consecutive!), è stata impresa ardua. Ma durante l'evento Adidas Clinic ho saggiato per la prima volta la consistenza delle Supernova Glide 2 e ho scoperto che esiste un universo parallelo fatto di suole altrettanto confortevoli.
Son entrate in casa mia in punta di piedi..
La spiegazione per cui queste scarpe A3 son veramente ottime l'avevo già avuta al test, quando con l'esempio di due palline di gomma il promoter ci spiegava la consistenza diversa con cui Adidas aveva concepito il battistrada. Il punto di maggiore, e più durevole impatto, il tallone è fatto di una mescola di gomma che è preposta all'ammortizzamento del colpo. La mano dell'addetto Adidas lasciava cadere la pallina e questa quasi non rimbalzava sul pavimento, avendo ammortizzato in se tutto l'impatto. Convincente.
Il piede dopo aver assorbito il nostro peso deve però rilanciarsi per dare nuovo slancio alla falcata successiva. Questa azione consequenziale necessita di reattività e una "gomma rimbalzante" è quello di cui è composto l'avampiede. Questo favorisce e ci agevola nel gesto. La pallina di diversa mescola in questo caso balzava in alto. Da provare, dentro di me pensavo.
I test su strada hanno supportato e suffragato la spiegazione teorica. La scarpa è avvolgente e protegge il piede. Poi, sarà l'effetto placebo (non credo però), ma la sensazione che ho provato quando ho rilanciato un pò il ritmo della mia corsa è stata di proiezione in avanti e di stabilità e controllo all'unisono. Un A3 aggressiva, che fa l'A2 allo stesso tempo. Felicità e bellissimo compromesso. La prova è proseguita su sterrato e sull'erba e mi son trovato bene in ugual modo. Io adesso non so cosa mi riserverà il futuro, quali corse si prospetteranno di fronte a me. Ma per certo so che posso confidare su una scarpa in più con la quale proteggere i miei piedi e spero di poter raccontare nuove avventure di corsa. Le Adidas supernova Glide 2 si propongono come calzature in grado di soddisfare una platea ampia di podisti. Alla loro fantasia il come utilizzarle. Possono esaltare la conquista di un traguardo, come una comoda e solitaria corsa boschiva.
Per quanto mi riguarda, se la tenuta sulla distanza si rileverà soddisfacente, ne andrò alla ricerca, nell' acquisto seriale che mi contraddistingue!!.
domenica 2 maggio 2010
Un caso grigio tra rare malattie genetiche o un mio modo di essere? Amico agonismo per il momento ti saluto
Vorrei trovare le parole, ma è dura. Son poi ancora molto scottato dalla notizia di un amico di forum (runningforum.it) che ci ha lasciato improvvisamente, venuta nello stesso giorno in cui io ero a colloquio con i medici per il mio caso.
Riguardo a me, mi chiedo se è solo un brutto sogno, ma non lo è. Io e la corsa agonistica sembra che la dobbiamo finire qua, per un pò o forse per sempre, non lo so. Il fatto è che i medici devono decidersi quale rara malattia genetica attribuirmi. Son un caso grigio. Ho dei segnali che li porterebbero a collocarmi sotto la rara sindrome del qt lungo, altri che li fanno propendere per una tremenda displasia aritmogena del ventricolo destro.
Il caso è questo, senza che vi faccia risalire nei post.
Trovano un'anomalia (un ritardo nella ripolarizzazione) nel mio ecg di dicembre, in pratica un difetto elettrico. Io cado dalle nuvole, sono totalmente asintomatico (non ho famigliari con problemi cardiaci oltretutto), mai avuto un battito fuori posto ed ogni corsa che ho fatto è stata condotta in totale controllo del mio corpo.
A Pavia dove mi spediscono indagano, si ipotizza dapprima una malattia genetica, la sindrome del qt lungo, di cui sto ancora aspettando il responso dell'indagine genetica. Ora invece, dopo una rm cardiaca in cui riscontrano presenza fibro-adiposa nella parete libera del ventricolo destro(che creerebbe questa ipocinesia e ritardata ripolarizzazione), ecco che tirano fuori il nome della seconda malattia. Non è ancora una diagnosi, perchè il grasso nel cuore possono avercelo anche le persone sane. La cosa che vogliono indagare è se sia il primo segnale di comparsa di qualcosa ed evolva o sia stabile. Il mio cuore ed il mio ventricolo destro per il resto sono normali ed efficienti nei parametri "di pompa" come si dice in gergo.
La domanda di fondo è però sempre quella, da dove nasce il ritardo nella ripolarizzazione comparso all'ultima visita di idoneità? Ho sollevato ai medici il quesito sulla mia particolarità, l'essere un'atleta che è stato colpito da poliomelite post vaccino all'età di 6 mesi e che qualche nervo me l'ha lesionato questa vicenda (in particolare tutta la parte destra del corpo in emiparesi). Oltre ciò come non considerare il mio mutato incremento qualitativo nell'allenamento, letteralmente trasformato nell'ultimo anno? Possibile non c'entri nulla?
Queste ultime domande non mi sembrano siano state tenute in grande considerazione ancora e le mie tabelle, stampate e accompagnate da una lettera di spiegazione, son sembrate solo foglietti volanti girati in fretta, tra i tanti di cui si compone il mio fascicolo. Ho a che fare probabilmente con grandissimi cardiologi genetisti, i migliori al mondo a leggere in giro di ciò che dicono del Policlinico San Matteo.
La specializzazione genetica li porta ad indagare in questo verso, spero tanto si sbaglino però! A me ragazzi in questo momento non spiace per l'idea di gareggiare che sta venendo meno, ma per essere impelagato in rare malattie genetiche. E' questo che mi fa impazzire, come non fossi già stato abbastanza sfortunato sino ad ora in questa esistenza. Ne va della mia vita e del mio futuro in senso lato. Prima di tutto.
Ben venga la precauzionalità e la medicina betabloccante che ora vogliono darmi, ma spero di non rimanere un eterno caso grigio a vita. Tra un anno ora ho da ripetere gli esami che ho fatto in sto periodo per veder se cambia qualcosa.
La corsa, passione di questi miei ultimi 4 anni di vita, retrocede alla sua forma originale, tornerò a praticarla in quella forma ludica, che in fondo è quella che mi ha fatto innamorare di lei e del suo effetto rilassante. Troverò ancora nuove parole per descriverla. Mi dovrò però re-inventare. Devo resettarmi e capire, rifiatare. E poi ripartire.. e se c'è qualcuno che se lo domanda e si chiede: perchè? Perchè io ero e rimango un sognatore che ancora non ha regolato i conti con la sua ombra. Davanti a me, sul calar della sera, mi chiede ancora di essere inseguita..
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